Che il jazz abbia sempre cercato contatti con la musica classica non lo si scopre oggi, perché le commistioni e le fascinazioni sonore sorte tra il Nuovo (dove il jazz è nato) e Vecchio Continente (mare magnum della musica colta o classica) rappresentano da sempre un percorso per esplorare nuovi terreni espressivi.
In Europa, culla della musica di tradizione, il jazz si è affermato a tal punto che molti musicisti americani si trasferirono qui trovando una accoglienza migliore che in patria. Questo ponte e collegamento ideale tra due mondi, jazz e classica, trova nel Full Quartet una sorta di Modern Jazz Quartet del terzo millennio. All’organico della mitica formazione di John Lewis il FQ è simile anche per struttura, in fondo basta sostituire il vibrafono (di Milt Jackson) con il flauto (di Marco Coppi) e il lineup è completo. La formazione bolognese schiera nomi esperti e talentuosi, come la ritmica (Tiziano Barbieri contrabbasso e Vittorio Volpe batteria) ed il pianoforte (Luciano Titi). Nomi che hanno fatto della trasversalità dei generi il loro percorso espressivo, e che da anni perseguono una ricerca che trova ora nel FQ lo sbocco più felice.