Certo, i Gaznevada, il Confusional Quartet, gli Skiantos. Certo, la Bologna Rock degli ultimi anni Settanta. Ma cosa sarebbe stato di tutto questo caos culturale se non fosse esistita una figura come Oderso Rubini? Se ancora oggi al capoluogo dell'Emilia-Romagna è attribuito il ruolo di capofila nella rinascita del rock italiano durante la rivoluzione punk e post-punk, gran parte del merito lo si deve attribuire proprio a Rubini. Uno che Bologna la viveva sulla propria pelle, cercando i condotti d'aria necessari per mettere in piedi progetti culturali di vario tipo.
«La Bologna di quegli anni era uno di quei luoghi spazio-tempo (molto rari nell'arco della normale vita umana) nel quale bisognava aver la fortuna di essere. Ci stavi dentro e ti sembrava che non potesse esserci altro modo, momenti che molti sognano di vivere e che pochi (grazie capitano Kirk) realmente riescono a vivere. Un sacco di emozioni, di sensazioni forti, grande intensità, nessun limite alla fantasia, ma soprattutto l'idea di provare a non farsi rubare la vita. Poi sono arrivati quelli che molti definiscono gli "Anni di piombo", ma noi, intrisi dalle avanguardie artistiche del Novecento,, abbiamo continuato a pensare che la vera rivoluzione poteva nascere solo dalla creatività».
Parla spesso al plurale, Rubini, perché la Bologna Rock è stata un'esperienza condivisa, collettiva, in cui ogni voce (anche la più dissonante) trovava il proprio spazio per prendere la parola.
#RAFFAELE MEALE/FUORI I COMPAGNI DALLE BALERE/2015/ARCANA
LA VITA QUOTIDIANA A BOLOGNA AI TEMPI DI VASCO
Per restare alle notizie certe che riuscivo a comporre, avevano avuto un punto di riferimento comune in una certa casa di via Clavature e nella figura di Oderso Rubini, felsineo patron della ltalian Records.
Di sicuro c'era anche che nel remoto 1979 al Palasport di piazza Azzarita, noto a Bologna come il Madison, si era tenuto un indimenticabile festival del rock indipendente bolognese, dove insieme alle due celebri band più o meno rivali si erano esibiti i Windopen, gli Stupid Set e molti altri, persino certi fracassoni senza speranza di Casalecchio di Reno. Buoni e meno buoni, tutti scatenati tranne gli Skiantos, che quando venne il loro turno si rifiutarono di suonare inscenando una spaghettata on stage prima salutata come curiosità di stampo dada, poi sopportata a mal partito e infine coperta dal coro «sce-mo, sce-mo».
Le rassegne estive come lo Scandellara Rock, i minifestival alla sala Centofiori e le tante altre occasioni di seguire le band cittadine con le quali ogni bolognese che si rispetti è cresciuto, sono nate tutte da quell'idea folle di Oderso: affittare il Palasport, e cioè il tempio di Virtus e Fortitudo, per un festival dedicato alla nuova musica che si ascoltava a Bologna.
Si era trattato di una stagione vitale e sfrenata, e non pochi dei ragazzi di allora non erano mai diventati uomini.